PAROLE ISPIRATE DAL RICORDO DI EVA PERÓN
(Scelte o scritte da Ezio Beccaria)
Nadie sino el pueblo me llama Evita.
Cuando elegí ser Evita sé que elegí el camino del pueblo
Nessuno se non il popolo mi chiama Evita. Quando scelsi di essere Evita so che scelsi la strada del popolo disse Eva Perón.
Evita: eroina e benefattrice, santa protettrice del Popolo argentino, delle donne da sempre dimenticate e oppresse, icona dei descamisados, la Madonna degli umili o arrivista cinica e senza scrupoli? Il giudizio è ancora incerto e non tenteremo di risolvere il mistero di questo enigmatico personaggio. Ci lasceremo invece trasportare dal fascino della sua leggenda e dall’amore per quel mondo incantato che è l’Argentina, per la sua gente, le sue canzoni, il Tango, le sue figure mitiche, il ricordo della Feria de San Telmo, a Buenos Aires, con le coppie di anziani che ballano al suono di un grammofono. Argentina, solo chi ti ha vista può capire…
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I
María Eva Ibarguren (Duarte) nacque nel villaggio di Los Toldos il 7 Maggio 1919, figlia illegittima (con tre sorelle ed un fratello) di Juan Duarte. È nota come Eva Perón o, affettuosamente, con il diminutivo di Evita. La irregolarità della situazione famigliare e le difficili condizioni economiche della madre, Juana Ibarguren, donna di grande carattere, cuoca nella tenuta di Juan Duarte, segnarono profondamente l’infanzia di Evita. Sognatrice, romantica, col trasferimento della famiglia a Junín venne a contatto con un mondo lussuoso, di sogno e presto si appassionò all’ambiente del cinema. Nel 1934, aveva 15 anni, andò a Buenos Aires, la capitale, per iniziare la carriera di attrice. Sopportando mille delusioni, lottando spietatamente contro la concorrenza e l’invidia di attricette arriviste e la prepotenza di impresari privi di scrupoli, per piccole parti in teatro, con miseri e non sicuri salari, riuscì infine a partecipare ad un film e, nel 1939, ottenne la parte principale in un radiodramma che la diede la notorietà specie tra il pubblico femmininile.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
(Traduzione di Francesca Maria)
Miei amati descamisados,
siamo di nuovo riuniti qui insieme ai lavoratori e alle donne del popolo, siamo di nuovo i descamisados nella piazza storica del 17 ottobre 1945 per rispondere al leader del popolo che stamattina, concludendo il suo messaggio, ha detto: chi mi vuole ascoltare, ascolti; chi mi vuole seguire, mi segua. Ecco la risposta, mio generale. Il popolo lavoratore, il popolo umile della Patria, che sta in piedi qui ed in tutto il Paese, seguirà Perón, il leader del popolo, il leader dell’umanità, perché ha innalzato la bandiera di redenzione e giustizia delle masse lavoratrici; lo seguirà contro l’oppressione dei traditori interni ed esterni, che nell’oscurità della notte vogliono iniettare il veleno dei loro serpenti nell’anima e nel corpo di Perón, che è l’anima e il corpo della Patria. Ma non ci riusciranno, così come l’invidia dei rospi non riesce a zittire il canto degli usignoli e come le vipere non riescono a fermare il volo dei condor. Non ci riusciranno, mio generale, perché gli uomini e le donne del popolo stanno qui per custodire i vostri sogni e per vegliare sulla vostra vita, perché è la vita della Patria, perché è la vita delle future generazioni, che non ci perdoneranno mai se non ci prendiamo cura di un uomo del calibro del generale Perón, che ha cullato i sogni di tutti gli argentini, specialmente quelli del popolo lavoratore.
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ALFREDO LE PERA
(São Paulo 1900 – 1935)
VOLVER
(1935)
(Traduzione di Ezio Beccaria)
Io indovino l’ammiccare
delle luci che da lontano
van segnando il mio ritorno.
Sono le stesse che illuminarono,
con i loro pallidi riflessi,
profonde ore di dolore.
E malgrado non abbia desiderato il ritorno,
sempre si torna al primo amore.
La strada tranquilla dove l’eco disse:
Tua è la sua vita, tuo il suo amare,
sotto lo sguardo beffardo delle stelle
che oggi con indifferenza mi vedono tornare.
Tornare… con la fronte sfiorita,
le nevi del tempo
inargentarono le mie tempie.
Sentire… che è un soffio la vita,
che vent’anni non sono nulla,
che febbrile lo sguardo
errante tra le ombre
ti cerca e ti chiama per nome.
Vivere… con l’anima aggrappata
a un dolce ricordo
che piango un’altra volta.
Ho paura dell’incontro
col passato che torna
a confrontarsi con la mia vita.
Ho paura delle notti
che, abitate da ricordi,
incatenano il mio sognare.
Ma il viaggiatore che fugge,
presto o tardi arresta il suo camminare.
E anche se l’oblio che tutto distrugge,
ha ucciso la mia vecchia illusione,
conserva nascosta un’umile speranza
che è tutta la fortuna del mio cuore.
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Il testo di Volver fu scritto da Alfredo Le Pera e la canzone fu musicata da Carlos Gardel che ne fu anche il più grande interprete.
Carlos Gardel, nato in Francia, a Toulouse, nel 1890 ed emigrato in Argentina con la madre all’età di 2 anni, è considerato il più grande cantante di Tango. Fu anche un vero divo, paragonato a Rodolfo Valentino, fu attore cinematografico in ruoli drammatici e sentimentali, affascinante e adorato dalle donne.
La sua prematura morte in un incidente aereo, nel 1935, alimentò ancora di più il suo mito.
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II
Il 22 Gennaio 1944, ad un evento di beneficenza per i terremotati di San Juan, Evita ebbe l’occasione di conoscere il Colonnello Juan Perón.
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JUAN DOMINGO PERÓN
Juan Domingo Perón nacque l’8 Ottobre 1895 a Lobos. Iniziò la carriera delle armi a sedici anni. Si sposò nel 1929, ma nove anni più tardi rimase vedovo. Svolse parte della sua formazione militare anche in Italia, a Chieti ed alla Scuola Alpina di Aosta. Subì il fascino di Benito Mussolini pur ritenendo la dittatura una transizione verso la socialdemocrazia.
Nel 1943 il colonnello Perón partecipò al golpe militare del Grupo de Oficiales Unidos contro il legittimo governo civile di Ramón S. Castillo. Fu Sottosegretario alla guerra, quindi Ministro del lavoro e dello stato sociale ed infine Segretario alla guerra col governo del Generale Edelmiro Juliàn Farrell. In seguito divenne
Sottosegretario al Departamento Nacional del Trabajo. In questa veste organizzò una raccolta di fondi con la partecipazione di artisti ed in questa circostanza incontrò Evita.
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III
Nel 1945, a seguito di un complotto militare, Perón dovette dimettersi dalle sue cariche e venne arrestato. I Sindacati, di cui Evita era diventata una fervente attivista e i descamisados (le migliaia di sostenitori che manifestarono davanti alla Casa Rosada il 17 Ottobre) insorsero, fino ad ottenere il suo rilascio.
Evita e Juan Perón si sposarono Il 22 ottobre 1945.
Nel 1945 l’Argentina è la sesta potenza economica mondiale: nascono il proletariato urbano, le prime rivendicazioni sociali e le prime lotte sindacali organizzate.
Perón pensò di poter gestire la nuova situazione sociale del Paese non con la forza e nemmeno dando spazio ai lavoratori, ma attraverso una terza via (il Peronismo), la strategia del per il popolo, ma non attraverso il popolo.
Nel 1946 Perón, candidatosi alle elezioni politiche, fu eletto Presidente.
Nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione, chiamato in un primo tempo Partito Peronista.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
Chiedo a Dio che non permetta a questi insetti di alzare le mani contro Perón, altrimenti quel giorno saranno guai! Quel giorno, mio generale, io uscirò con il popolo lavoratore, io uscirò con le donne del popolo, io uscirò con i descamisados della Patria, per non lasciare in piedi nessun mattone che non sia peronista. Noi non ci lasceremo mai schiacciare dagli stivali oligarchici e traditori dei vendipatria che hanno sfruttato la classe lavoratrice; noi non ci lasceremo mai più sfruttare da quelli che, svendutisi per quattro soldi, servono i padroni delle metropoli straniere e hanno consegnato il popolo della propria Patria con la stessa tranquillità con cui hanno venduto il paese e le loro coscienze; perché noi ci prenderemo cura di Perón più che della nostra vita, perché noi ci prendiamo cura di una causa che è la causa della Patria, è la causa del popolo, è la causa degli ideali che abbiamo avuto nei nostri cuori per tanti anni. Oggi, grazie a Perón, stiamo in piedi da uomini. Gli uomini si sentono più uomini, noi donne ci sentiamo più degne, perché nella debolezza di alcuni e nella forza di altri stanno lo spirito e il cuore degli argentini che fanno da scudo in difesa della vita di Perón.
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IV
Il Presidente Perón delegò alla moglie molti compiti tra cui quelli relativi ai diritti dei lavoratori. A sua volta, Evita diede vita al Partito Peronista Femminile, finalizzato al riconoscimento dell’uguaglianza tra donne e uomini riguardo ai diritti civili ed ai diritti politici.
Per Evita iniziò una vita da first lady caratterizzata da sfarzo eccessivo, sfoggio di abiti costosi, pellicce, gioielli. Accompagnò, nel 1947, il marito in visita in Spagna, dove fu accolta con grandi onori dal dittatore Francisco Franco, ed in altri Paesi europei.
Furono anche ricevuti in Vaticano: parlando in spagnolo, Pio XII, Papa Pacelli, ebbe parole di lode per l’opera sociale di Perón e le attività d’assistenza in favore delle categorie meno abbienti. Ricordò, inoltre, l’aiuto dato da Buenos Aires ai Paesi devastati dalla guerra e la generosa disponibilità del paese sud-americano dimostrata in particolare verso l’Italia.
Per contrasto a questa immagine di personaggio da fotoromanzo, Evita si dedicò ad aiutare gli strati più bisognosi del popolo, condusse con successo la battaglia per il voto alle donne, diede vita a fondazioni a beneficio di poveri e lavoratori. Fece costruire case per i senzatetto e gli anziani, si dedicò al benessere dei bambini. Questa attività instancabile le valse grande popolarità e ammirazione proprio tra i più umili della società e tra le donne.
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LA FONDAZIONE MARÍA EVA DUARTE DE PERÓN
la Fondazione María Eva Duarte de Perón fu istituita l’8 Luglio 1948 (rimanendo attiva fino al 1955). Alla fine del 1950 il suo nome fu semplificato in Fondazione Eva Perón.
Il suo Statuto premetteva che la fondazione sarebbe rimasta nelle mani solo del suo fondatore… in possesso dei più ampi poteri concessi dallo Stato e della Costituzione.
Gli obiettivi erano di fornire assistenza economica e borse di sudio a bambini dotati provenienti da ambienti poveri, costruire case, scuole, ospedali e orfanotrofi in aree svantaggiate e di contribuire o collaborare con ogni mezzo possibile alla creazione di opere tendenti a soddisfare i bisogni fondamentali per una migliore vita delle classi meno privilegiate.
L’attività della fondazione iniziò organizzando feste per le ragazze madri e viaggi nel Paese, dove Evita distribuiva pacchi di aiuti nei ghetti.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
Dopo tanto tempo che non ho contatti con il popolo così come oggi, voglio dire ai miei descamisados, agli umili che porto nel mio cuore, che nelle ore felici, nelle ore di dolore e nelle ore incerte, ho sempre alzato lo sguardo su di voi, perché voi siete puri e per essere puri vedete con gli occhi dell’anima e sapete apprezzare le cose straordinarie come il generale Perón. Oggi voglio parlare, nonostante il generale mi chieda di essere breve, perché voglio che il mio popolo sappia che siamo disposti a morire per Perón e voglio che i traditori sappiano che noi non verremo qui a dire presente a Perón, come il 28 Settembre, ma che ci faremo giustizia con le nostre mani.
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Una poetessa argentina, Alfonsina Storni Martignoni ebbe forse qualche punto in comune con Evita di cui era quasi contemporanea. Di lei Franca Cleis scrisse: Alfonsina è stata una donna del popolo, una maestra ragazza-madre, una socialista, è diventata una star della poesia latino-americana, (…), una donna pubblica, una femminista che si è battuta per i diritti delle donne, una donna ultramoderna (così amava definirsi lei, che ha scelto di vivere senza balaustra e di morire nel mare.
Si dice che Alfonsina, giunta sola in un piccolo albergo di Mar del Plata, abbia composto la poesia Voy a Dormir e il giorno successivo si sia uccisa entrando in mare e dirigendosi verso il largo, fino a quando le onde non la sommersero.
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ALFONSINA STORNI MARTIGNONI
(Sala Capriasca, Svizzera 1892 – Mar del Plata, Argentina 1938)
IO SUL FONDO DEL MARE
(Yo en el fondo del mar)
In fondo al mare
c’è una casa
di cristallo.
A una strada
di madrepore
conduce.
Un grande pesce d’oro,
alle cinque
mi viene a salutare.
Mi porta
un ramo rosso
di fiori di corallo.
Dormo in un letto
un poco più azzurro
del mare.
Un polpo
mi ammicca
attraverso il cristallo.
Nel bosco verde
che mi circonda
– din don… din dan… –
dondolano e cantano
le sirene
di madreperla verdemare.
E sulla mia testa
ardono, al crepuscolo,
le ispide punte del mare.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
C’è molto dolore da alleviare; ci sono molte ferite da curare perché ci sono ancora molti feriti e molte persone che soffrono. Abbiamo bisogno di voi, mio generale, come del sole, come della vita stessa. Abbiamo bisogno di voi per i nostri figli e per il Paese in un momento così incerto per l’umanità in cui gli uomini si dibattono tra due imperialismi: quello di destra e quello di sinistra, che ci portano verso morte e distruzione. E noi, un pugno di argentini, lottiamo insieme a Perón per un’umanità felice in seno alla giustizia, all’onore di questo popolo, perché è qui che risiede la grandezza di Perón. La grandezza della Patria non si basa sul dolore del popolo, ma sulla felicità del popolo che lavora.
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V
Nel 1951 Evita fu candidata alla Vicepresidenza con l’appoggio entusiastico del popolo e dei Peronisti. I militari ed i conservatori erano però contrari, non tollerando una donna come Vicepresidente e Perón le chiese di rinunciare. D’altra parte le condizioni di salute di Evita destavano preoccupazione. Rinunciò pertanto alla candidatura e, il 31 Agosto, si rivolse alla folla con queste parole: Compagni, voglio comunicare al popolo argentino la mia decisione irrevocabile e definitiva di rinunciare all’onore fattomi dai lavoratori e dal popolo della mia patria nella storica Adunata Popolare del 22 di Agosto (…). Ho solo un’ambizione personale, che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Peròn (…), di me si dica questo: c’era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo e che questa donna soltanto il popolo la chiamava con amore Evita, niente più che Evita (…).
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
Compagne, compagni: combatto di nuovo insieme a voi, come ieri, come oggi, come domani. Sto con voi per essere un arcobaleno di amore tra il popolo e Perón; sto con voi per essere quel ponte di amore e felicità che ho sempre cercato di essere tra voi e il leader dei lavoratori.
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Morivi dalla voglia di tornare, “con la fronte appassìta”, cantava Gardel
e tra citazioni di Borges, Evita ballava con Freud.
sussurra il cantautore spagnolo Joaquín Sabina nella sua canzone dal titolo Con la frente marchita, atto d’amore per Buenos Aires, città che non si può scordare.
In quei due versi rivivono i personaggi del nostro racconto.
Mandami una cartolina da San Telmo…addio, abbi cura di te…
…
Buenos Aires è come me la raccontavi. Oggi mi son fatto una passeggiata,
e arrivando a Plaza de Mayo mi è venuto da piangere
e mi son messo a gridare: “ Dove sei?”
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VI
La malattia si aggravò, ma Evita ritardò la diagnosi e le cure, affermando di non voler rimanere a letto quando intorno a lei c’era così tanto da fare, così tanta gente che aveva bisogno di lei. Quando finalmente, nel Novembre del 1951, accettò l’intervento chirurgico era ormai tardi.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
Sono di nuovo con voi come amica e come sorella e devo lavorare giorno e notte per rendere felici i descamisados, perché questo è il mio compito per la Patria e per Perón. Devo lavorare giorno e notte per alleviare il dolore e curare le ferite, perché questo è ciò che devo a questa legione di argentini che sta costruendo una brillante pagina nella storia della Patria. E come in questo 1 Maggio, mio generale, desideriamo che nei prossimi e tanti anni e nei prossimi secoli, possano venire le future generazioni a dire che siamo presenti insieme a voi, mio generale.
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VII
Il 1 Maggio 1952, sorretta dal marito alle sue spalle, Evita tenne il suo ultimo discorso pubblico dal balcone della Casa Rosada. Il 7 Maggio, giorno del trentatreesimo compleanno, Juan Domingo Perón la nominò Leader spirituale della Nazione argentina.
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L’ULTIMO DISCORSO DI EVA PERÓN (1 MAGGIO 1952)
Prima di finire, compagni, voglio darvi un messaggio: che stiate all’erta. Il nemico ci spia. E non perdonerà mai che un argentino, un uomo di bene, come il generale Perón, lavori per il benessere del suo popolo e per la grandezza della sua Patria. Anche i vendipatria che stanno qua dentro, che si svendono per quattro soldi, stanno in agguato per poter sferrare il colpo in qualsiasi momento. Ma noi siamo il popolo ed io so che se il popolo sta all’erta, siamo invincibili, perché noi siamo la Patria stessa.
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VIII
La morte giunse infine il 26 Luglio ponendo fine alle sue sofferenze.
Fino alla caduta di Perón, nel 1955, i notiziari radiofonici della sera si interromperanno ricordando: Sono le 20,25 minuti, l’ora in cui Eva Perón è passata all’immortalità.
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ALFONSINA STORNI MARTIGNONI
VADO A DORMIRE
(Voy a dormir)
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani d’erba, tu, tenera nutrice,
rabboccami le lenzuola di terra
e la trapunta di muschio cardato.
Vado a dormire, nutrice mia, addormentami.
Mettimi una lampada al capezzale;
una costellazione, quella che ti piace;
tutte sono buone;
abbassala un poco.
Lasciami sola:
senti i germogli spuntare…
ti culla un piede di cielo da lassù
e un uccello intona il suo canto
affinché dimentichi… grazie. Ah, un favore:
se chiama ancora al telefono
digli di non insistere, sono uscita…
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Don’t cry for me Argentina canta Evita nel film di Alan Parker del 1996: non piangere per me, Argentina…
Ma quante lacrime hanno versato per lei gli Argentini.
E quante lacrime verseranno ancora: la Dittatura militare dal 1976 al 1983 con la persecuzione degli oppositori, le violenze, gli assassni, i Desaparecidos. E poi la Guerra delle Malvinas (le Falkland, come le chiamano gli inglesi). La crisi economica, il fallimento dello Stato, i politici corrotti…
Il cantautore Atahualpa Yupanqui ha cantato le Malvinas con ingenua commozione.
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ATAHUALPA YUPANQUI
(Pergamino, Argentina 1908 – 1992)
SORELLINA PERDUTA
(La hermanita perdida)
(Traduzione di Ezio Beccaria)
Dalla mattina alla nòtte,
dalla nòtte alla mattina,
tra grandi onde azzurre
e merletti di spuma bianca,
ti arriva il saluto
permanènte della Patria.
Ahi, sorellina perduta.
Sorellina, torna a casa.
Carte ingiallite
ti dipingono di altra razza.
Ma siamo milioni
che ti chiamiamo sorèlla.
Sopra le acque australi
planano gabbiani bianchi.
Dura piètra intenerita
dalla sacra speranza
Ahi, sorellina perduta.
Sorellina, torna a casa.
Malvinas, tèrra prigionièra
di un biondo tèmpo pirata.
Patagonia ti sospira.
Tutta la Pampa ti chiama.
Seguiranno le mille bandière
del mare, azzurre e bianche,
ma vogliamo vederne una
piantata sulle tue còste.
Per riempirti di crèoli.
Per abbronzarti il viso
finché tu raggiunga l’aspetto
tradizionale della Patria.
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DAL TESTAMENTO DI EVA PERÓN
(Traduzione di Ezio Beccaria)
(…) Infine chiedo che tutti sappiano che se ho commesso errori li ho commessi per amore e spero che Dio, che ha visto sempre nel mio cuore, mi giudichi non per i miei errori, né per i miei difetti, né per per le mie colpe che furono molte, ma per l’amore che consuma la mia vita.
Le mie ultime parole sono le stesse del principio: voglio vivere eternamente con Perón e con il mio popolo. Dio mi perdonerà se preferisco restare con loro perché anche Lui sta con gli umili (…).
A todas las Mujeres argentinas.
A las Madres y a las Abuelitas de Plaza de Mayo.
¡ Nunca mas !
A tutte le Donne argentine.
Alle Madri ed alle Nonnine di Plaza de Mayo.
Mai più !
26 Agosto 2018